domenica 14 febbraio 2010

A un passo dal tunnel

Quando io e La Genia andammo in Perù, per contrastare gli effetti dell’altitudine ci avevano consigliato di assumere coca.
Un primo assaggio di cosa significasse vivere a quel’altezza fu al secondo giorno del viaggio, quando passammo dai rassicuranti 100 metri di Lima ai 2500 di una cittadina del Peru nord, Huanuco, passando per un valico a 4100 metri.
Saremmo dovuti arrivare alle 10 di sera e alle 6 era già buio pesto, per cui, un po' perché eravamo in pulmino, un po' per il fuso orario, un po' perché non sapevamo bene che cosa fare ci eravamo messi a dormire. Ad un certo punto era notte e mi ero svegliato; in realtà erano le 8 di sera, ma c’era un buio pesto, fuori c’era una stellata spettacolare mentre passavamo tra le montagne. Quindi mi svegliai con un peso pazzesco allo stomaco ma, stranamente, ero quasi a digiuno (giusto due spiedini di pollo arrosto, leggeri leggeri) da circa un paio d’ore. Anche La Genia si era svegliata e sentiva un oppressione al cuore.
Ci scambiammo le nostre sensazioni e i nostri disturbi (“probabilmente siamo sul valico a 4000 metri”, dissi) e convenimmo che Lei stesse a digiuno, perche da quel momento a un paio d’ore saremmo arrivati; io pensai invece che avere un peso allo stomaco senza aver mangiato, sarebbe stato assolutamente uno spreco.
Per cui estrassi dallo zaino gli ultimi due panini che mi ero fatto a casa (in Italia). Aprii la carta stagnola del primo: prosciutto cotto, mozzarella, una foglia di lattuga e, non poteva mancare, maionese. Non è che fosse freschissimo, il prosciutto odorava un pochino di rancido, ma appena appena, insomma: si poteva mangiare. Il profondo disgusto che il viso della Genia espresse nel momento in cui le offersi un morso, mi fece finire in pochi bocconi il panino e immediatamente aprire il secondo (asiago, lattuga e maio), che aveva retto egregiamente le 48 ore e gli oltre 10000 km di viaggio.
“Se devo sentire un peso sullo stomaco, almeno ci sia un motivo”.
Arrivammo a Huanuco senza aver problemi e quella sera al ristorante, disgustato dalla Genia che mangiava il “Caldo de Galina” (brodo di pollo con dentro pezzi di gallina lessa), ordinai un specie di pollo in umido (uno, intero, cioè due cosce, due ali,ecc), un misto di fagioli e patate e verdure cotte con pezzi di carne dentro e finii i capelli d’angelo in brodo che la Genia aveva avanzato.
Non soffrimmo l’altitudine e per quella volta riuscimmo ad evitare il tunnel della droga. Anche quella volta la maionese mi aveva salvato.
Ma era solo questione di tempo.

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