domenica 27 dicembre 2009

Cani al pascolo II

L’omino, piccolo, si avviava verso il giardinetto al mattino presto; la nebbia e le luci giallastre dei lampioni sfocavano il paesaggio, rendendolo ancora più anonimo di quanto lo era la sera precedente.
Il suo cane al guinzaglio, un setter grigio e rossiccio tirava il braccio del padrone e con un improvviso strattone faceva cedere rumorosamente un paio di punti della cucitura del cappotto di lana di seconda scelta che l’omino indossava.
“Stupido cane”, pensò
“Vedi di fare in fretta, che me ne voglio tornare a casa” sussurrò al setter mentre entrava nel giardinetto. Con un movimento meccanico, slacciò il guinzaglio dal collare. Il cane si mise a correre verso il centro del parchetto, sollevando nuvolette di brina al suo passaggio.
L’omino si guardò in giro assonnato: un paio di uomini dalla pelle scura attraversavano frettolosamente il parchetto immersi nei loro spessi cappelli di lana e nelle loro preoccupazioni.
“Uhmpf! Vengono qui a rubare il mestiere ai nostri ragazzi, che se ne stiano un po’ nel loro paese!” brontolò mentre attraversava il prato centrale.
Il cane si era messo ad annusare in terra in maniera insistente e iniziava a girare intorno come per cercare un punto preciso.
“Guardalo il mio Tommi, ha l’istinto del cacciatore!”, pensò osservando il cane che espletava i suoi bisogni all’interno del prato.
L’omino si guardava intorno dirigendosi verso la zona dei giochi per i bambini.
Stava pensando alla notte precedente, mentre la luce del mattino stava aumentando di intensità, così come i rumori della città che si sveglia per lavorare.
“Niente male il travone di ieri sera” ricordò a se stesso, mentre si accendeva una Nazionale appoggiato allo scivolo, “solo che aveva un profumo di merda. Bleah. Ce l’ho ancora addosso”.
L’omino guardava con contrariata curiosità il tizio che faceva strani movimenti nel campo da basket.
“Guarda quel coglione che fa…, cosa fa giudò, karatè? Boh? Alle 6 del mattino? “ pensò
“Ma perché non se ne sta a casa sua a dormire?” si chiese mentre il cane orinava sul palo dell’altalena.
“Era quel coglione della volta scorsa che mi ha detto che non dovevo portare in giro il cane; pensa te! Chi si crede di essere? Guardalo, adesso gioca col bastone”.
Si alzò il bavero del suo cappotto, stringendosi le spalle nervosamente. L’uomo col bastone si era fermato e osservava l’omino. Faceva molto freddo, ma lui era immobile e lo scrutava. All’improvviso l’omino iniziò a tremare, ma non sapeva se fosse il freddo o altro. L’uomo aveva posato in terra il bastone e si era mosso verso la sua direzione; a grandi passi si avvicinava, era lento ma era veloce al tempo stesso. Ora lo poteva vedere meglio: era un po’ più alto di lui, le sue spalle larghe erano coperte da una felpa bianca e blu e dei pantaloncini da calcio neri su degli scalda-muscoli blu elettrico a stretto trattenevano le gambe muscolose. Ma era il suo viso che lo spaventava: la faccia dura con la barba appena accennata, gocciolava per il sudore della fatica degli esercizi; il resto della testa era coperto da una bandana bianca con degli strani disegni neri. E fumava: sì, il viso, la testa e la faccia fumavano; e anche le spalle e il fumo che usciva dalla pelle e dai vestiti formava dei mulinelli; e lui si avvicinava, sempre di più, sempre più vicino. Un pensiero implorante verso il cane gli attraversò la mente, ma il setter sembrava più interessato ad annusare un cocker al guinzaglio di una signora. Ora gli poteva vedere gli occhi:erano verdi ma erano ardenti; il freddo e il terrore aveva bloccato le sue gambe. “Aiuto, oddio nonononono….” Ma la bocca non riusciva a pronunciare neanche una sillaba.
Lui parlò, invece: “La prossima volta che la vedo che lascia che il suo cane sporchi fuori dal recinto per i cani, chiamo i Vigili!” sibilò all’omino terrorizzato. Con lo sguardo lo penetrò per pochi interminabili secondi, poi si girò e se ne andò di nuovo verso il campo di basket.
L’omino era rimasto di ghiaccio ad osservarlo mentre si allontanava. Era rimasto immobile, ora non sentiva più neanche il freddo. Adesso l’uomo era lontano e aveva ripreso in mano il bastone ma continuava ad osservarlo. L’omino prima di andare a recuperare il suo cane gli era sembrato di leggere sulle sue labbra: “Adesso puoi respirare, stronzo”.


Leggi anche: Cani al pascolo I. (Suara)

Nessun commento:

Posta un commento