Tutti abbiamo un cognato che, ogni tanto, prenderesti volentieri a scarpate in faccia.
Il mio non fa eccezione.
Siamo al mare: il Porco, la sorella del Porco (perché “Porca” suona male) e il cognato del Porco.
Sorella: «Che leggi?»
Porco: «Le correnti dello spazio, un classicone di Asimov. Quasi finito.»
Sorella: «E com’è?»
Io e mia sorella, culturalmente stratosferici come sempre, iniziamo a parlare di robe elevate e dei massimi sistemi — cose che il cognato non riuscirebbe a concepire nemmeno con un manuale illustrato.
Parto con una piccola recensione in stile quarta di copertina, giusto per dare l’idea.
Sorella: «Bello! E dopo che leggi?»
Porco: «Vorrei finalmente prendere in mano Il profumo di Süskind.»
Sorella: «Cavolo! Bellissimo, ti potrebbe piacere perché è duro, pesante, difficile… e a volte ci sono descrizioni molto realistiche…»
Ed ecco che interviene il cognato.
Lui, fino a quel momento, stava spippolando su Facebook, estraneo e sereno come un turista giapponese in mezzo a una rissa.
Alza la testa e, con la leggerezza di una bomba nucleare, dice:
«Sì, perché poi lui muore…»
…e aggiunge due parole che mi rivelano tutto.
Quella testa di cazzo mi ha appena rovinato il finale.
Non tanto per il fatto che muore — quello lo potevi anche intuire — ma come e perché.
Io non mi sono nemmeno arrabbiato.
Non ce n’è stato bisogno.
Ci ha pensato mia sorella.
Minchia, quante gliene ha dette…
E mentre lo trituava mentalmente, io da amante della fantascenza l'avrei teletrasportato sulla Event Horizon o sulla Nostromo.
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